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Nonostante la crisi che come un macigno pesa sulle nostre spalle, ci sono dei momenti irrinunciabili durante i quali come per magia i problemi passano in secondo piano. 

La Vara di anche quest'anno, come avviene oramai da mezzo millennio, il 15 agosto sarà in mezzo le strade di Messina, trainata da oltre 1500 persone che vestite di bianco e a piedi scalzi tirano le lunghe gomene (corde marinare) al grido di W Maria W A Matri Assunta, per portare la Vara da piazza Castronovo fino a piazza Duomo. Tante, tantissime sono le persone provenienti da ogni parte del nostro tanto amato quanto bistrattato globo che gioiscono, piangono, pregrano, corrono dietro l'imponente carro votivo e osannano la Mamma Celeste che da Lassù ci sorride e ci protegge. La Vara è un mix inimmaginabile di emozioni, sensazioni e riti che difficilmente possono essere capiti se non vissuti di presenza. 

L'aspetto pirotecnico non è affatto secondario nella manifestazione, anzi la città di Messina può vantare un primato che non tutti conoscono, infatti i primi apparati festivi e le prime macchine pirotecniche furono progettate proprio per le feste del cerimoniale agostano già a partire da fine Rinascimento. I fuochisti venivano chiamati in dialetto "castiddari", cioè coloro che costruivano castelli o strutture pirotecniche per i vari eventi religiosi della città. Da sempre i fuochi pirotecnici caratterizzano questa meravigliosa e quantomai unica festa. Agli inizi del '900 si annovera nel programma pirotecnico la  presenza di grandissimi fuochisti provenienti da tutta Italia come i maestri abruzzesi Boiocchi, il che era ulteriore motivo di vanto e grande interesse verso quest'evento.

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Dopo tanti anni di imprevisti e impegni già presi, per la prima volta riesco a partecipare alla più grande festa patronale d’Italia, la regina di tutte le feste, Adelfia (Ba). Arrivo in una giornata uggiosa di novembre con un gruppo di amici per divertirci e gustarci la festa di San Trifone, protettore di Adelfia. Piatto forte della manifestazione i fuochi pirotecnici e le luminarie artistiche che sono uno dei fiori all’occhiello della produzione artigianale pugliese. Mi fermo con la mia compagnia a pochi metri dal luogo degli spari intorno le 8.00 del 10 novembre, data della festa liturgica di San Trifone. Ho il tempo di assistere alla prima diana eseguita dalla ditta Bruscella B. e subito dopo comincia a piovere a dirotto, scendo in paese con i miei amici e vado alla sede del comitato dove ho il piacere di conoscere persone che prima d’ora ho comunicato solo tramite i networks, nonostante il tempo brutto ho modo di vedere che l’acqua non interrompe il lungo pellegrinaggio di fede e devozione, tanta gente armata di ombrello si riversa sulle strade di Adelfia per vivere ugualmente questo grande spettacolo fatto di folclore ma soprattutto di religiosità popolare che negli ultimi tempi sta andando a scemare come molti valori che prima erano indiscutibili. Una caratteristica di questa festa sono le tante bancarelle che oltre i classici dolciumi vendono baccalà essiccato, non sono riuscito a contarle ma erano tante. Nell’aria si respira aria pulita, niente macchine,  solo gente in attesa della messa pontificale delle 11,30 nella chiesa madre dove è custodita la statua di San Trifone.

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E bene si amici , anche  questo 2011 sta passando all'archivio  logicamente per chi si lo puo permettere ogni anno ci sono tantissime piazze in cui potere ammirare spettacoli e usanze di vari paesi, io quest'anno sono approdato sulle coste liguri a luglio tappa a Rapallo e settembre Recco, due realta' che vale veramente la pena di vedere! Ma a mio modesto parere da quello che si è potuto vedere questo 2011 ci lascia con un po di amaro in bocca a tutti, prima di ogni cosa Rotello una realta' svanita a causa di motivi che tutti noi conosciamo, e poi passando agli spettacoli a mio ragguaglio non si e neanche sfiorato il 2010, questo blog lo dedico a quelli che credono che non ci sara' piu un 2010, cosa che mi sempra un po strana,  passando allo spettacolo di tutti i tempi per me rimane quello dei F.lli La Rosa e Luigi Di Matteo del 2010 a Villafranca Sicula. C'e' chi adesso pensa che sia di parte, ma a giudicare di quello che ho sentito in giro il mio parere è condiviso da migliaia di persone, e tale rimarra' fino a quando non si vedra' uno spettacolo degno di paragone!...
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Riporto un interessante articolo scritto dal pirovago ilcircolodidante sulle feste religiose in Basilicata. E' possibile leggerlo sul forum, dove è stato originariamente postato, cliccando QUI. Buona lettura.

Le pratiche tradizionali legate ai riti specifici, a cerimonie, oppure a manifestazioni poliedriche nell’ambito del privato e del pubblico, chiamate col termine “festa” sia dalla cultura dotta che popolare, laica o religiosa, sembrano assume4re, nella composita realtà attuale, il carattere di “mitologie”. Mitologie in senso barthesiano, in quanto le feste galvanizzano finalità e mentalità divergenti, rinnovando una specie di fascino ossessivo che spinge, anche in Basilicata, a riscoprire, creare, costruire, una celebrare pratiche festive con una effervescenza spesso singolare. Nella Basilicata è fortemente accentuato il fascino di queste mitologie,e, pur vivendo la gente di questa regione lo stato della crisi più generale, esse permangono ancora numerose nell’orizzonte quotidiano. Al di la della innegabile constatazione che molte delle feste sono ridotte all’ombra di quelle che furono un tempo, e pur rinviando l’immagine, ormai immiserita, della bipolarità che sul piano storico le caratterizzava, “sacro/profano, spontaneo/ufficiale, privato/pubblico, integrazione contestazione, vi è tuttavia, un segno positivo che le percorre: esse si costituiscono come aspetto della possibilità individuale e collettiva di riappropriazione di attuazione del senso dell’agire.
Salvo rare eccezioni, la maggior parte delle feste tradizionali che si svolgono nei paesi della Basilicata concentrata nell’arco estivo, tempo che rinvia al passato quando l’agricoltore era più libero dal lavoro dei campi e disponeva in misura maggiore del frutto della propria fatica. Allora le feste religioso che avevano per sfondo un economia rurale povere al limite della sussistenza, rappresentavano, nella loro semplicità originaria, l’apice della continuità quotidiana intrisa della vasta gamma dei valori, dall’umano al trascendente. Prova tangibile di tale apice era la partecipazione corale della popolazione e della diffusa pratica devozionale delle offerte, tra cui i “cigli” ( detti anche cinti, scigli, o gregne), strutture in legno imitanti i covoni, ornare di spighe o di candele, e, se piccole, portate in testa dalle donne, se grandi, a spalle almeno da quattro persone. Vi erano altre forme devozionali di carattere popolare, come il trascinarsi con la lingua per terra dall’ingresso della chiesa fino alla statua del taumaturgo o della madonna, recarsi al santuario coronati di spine, vestire un abito simile a quello indossato dal santo, ecc. tutte queste forme cancellate dal nuovo clima culturale nato dal Concilio ecumenico Vaticano II. Nell’attuale bisogno di riappropriazione, la pratica devozionale è meno rimarcata perche è anche mutata la struttura sociale della regione, tuttavia è rimasto notevole il grado di coralità. Lo si riscontra pur vairando nella sua intensità, nelle ancora numerose feste religiose celebrate in Basilicata. Nelle tabelle che saranno pubblicate alla fine di questo scritto, si potrà riscontrare la loro distribuzione nell’arco dell’anno. Di li sarà possibile dedurre un ideale statistico devozionale, per così dire delle gente di Basilicata. Si sa che il concetto di devozione religiosa implica affetto, anche ardente, attaccamento, a volte anche zelante, pietà consacrazione, riverenza, timore. Essa si concretizza verso santi e madonne, e si esplica con differenti atteggiamenti nell’ambito di differenti tipi di comunità e in differenti ambienti fisici. Volendo cominciare, in Basilicata la devozione religiosa si è dispiegata soprattutto in riferimento a Maria con le sue numerosi immagini presenti nelle Chiese urbane e, soprattutto negli edifici extraurbani, cioè nei santuari, luoghi sacri in cui il divino si manifesta in modo speciale e dove i fedeli si recano in pellegrinaggio per compiere speciali atti di devozione, non ultimo quello di consacrare la mente e il cuore del divino.

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Scarica programma della Vara di Messina - anno 2011 (formato .PDF)   Parlare di Vara per me che sono messinese significa parlare di cuore, radici, affetti, emozioni, ricordi. E' l'unico legame che Messina ha con il passato che la proietta al futuro, attraversando il presente. La Vara è Messina. Un vero messinese aspetta tutto l'anno questo evento della religiosità popolare, questa forma di devozione e culto è stata riconosciuta dal grande Papa Giovanni Paolo II come "La radice evangelica della fede", fede che a Messina sfocia in una commossa e devota catena umana che traina vestita di bianco la "machina" votiva dedicata alla Mamma Celeste. La Vara è un enorme carro trionfale che raffigura il momento dell'Assunzione in Cielo dell'Alma Maria, è alto circa 13,50 metri pesa intorno le 10 tonnellate, alla base vengono legate tramite ganci in acciao due lunghe corde di canapa di 120 metri ciascuna circa, che in gergo marinaro vengono chiamate gomène. La processione è seguita ogni anno da una folla straripante, gente che viene da ogni parte del mondo,  si parla di numeri oceanici, circa 250.000 sono i presenti. Una manifestazione di questo calibro ha un corredo pirotecnico di tutto rispetto, infatti l'aspetto pirotecnico assume...
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